A cura di ADRIANA OBERTO
fotografie di ADRIANA OBERTO, GERARDO RAINONE, BARBARA TONIN, DOMENICO IANARO
italia, GAVI (AL)
Il Forte di Gavi è un fortilizio eretto dai Genovesi nei secoli XVI e XVII ristrutturando e modificando un castello del XII secolo, che, a sua volta, sorgeva sul sito di un forte romano.
È situato in posizione strategica sul Monte Moro e lungo quella che una volta era la via Postumia, che collegava il mare alla Pianura Padana.
Domina la cittadina di Gavi, in provincia di Alessandria, da cui prende il nome.
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Il Forte
La storia del forte di Gavi risale a molti secoli fa.
Già in periodo romano, infatti, esistevano un presidio e una piccola fortificazione; il presidio, ormai del tutto scomparso, controllava il passaggio della via Postumia dal mare a quella che oggi è la zona del Monferrato.
In segito, a strapiombo sul borgo di Gavi, venne fatto erigere, prima dell’anno mille, un castello.
La leggenda parla di una principessa, ‒ forse saracena, forse franca, ‒ Gavia o Gavina, il cui nome è legato a quei luoghi dai tempi delle incursioni saracene e ungare.
La leggenda ci racconta che Gavia era la figlia del re franco Clodomiro; era bella e cortese, ma poco incline a compiere il volere del padre in quanto a matrimonio. Ella rifiutava infatti di sposare il nobile a cui era stata promessa e arrivò a fuggire con lo scudiero di cui si era innamorata.
Arrivati in un piccolo borgo sulle rive del fiume Lemme, vi trovarono un castello abbandonato e vi si stabilirono, guadagnandosi anche l’affetto degli abitanti del paese.
Ben presto però arrivò il padre, che aveva inseguito i due amanti.
Gli abitanti del luogo si schierano con Gavia e anche la regina dei Goti, Amalasunta, prese le sue difese.
A questo punto Clodomiro si arrese e rinunciò a far tornare a casa la principessa.
Questa ottenne dalla regina dei
Goti il possesso del castello e del territorio circostante.
Secondo questa leggenda, Gavia
sarebbe sepolta all’ingresso del
forte alto, così che il cuore della
fortezza custodisca quello della
principessa.
Campo 05
Il Campo Inferno ospita, durante la Seconda Guerra Mondiale quegli ufficiali inglesi che già avevano cercato di scappare da altri campi di prigionia dell’Asse.
A guardia dei 180 prigionieri c’erano ben 300 carabinieri e proprio per questo – e per la struttura stessa del forte – veniva considerato un luogo da cui fosse impossibile fuggire.
Solo una persona tra tutti riuscì nell’impresa: si tratta del maggiore dell’Esercito Britannico di nazionalità americana Jack Pringle.
Catturato in Africa nel 1942, era in seguito fuggito dal campo di Colditz in Sassonia; fu preso e riportato a Gavi. Qui, in modo del tutto occasionale, alcuni prigionieri avevano scoperto un passaggio che, dalla cella in cui si trovava anche Pringle, portava ad una cisterna di raccolta delle acque piovane; grazie all’esperienza di due ingegneri minerari sudafricani, anch’essi prigionieri, fu possibile aprire un foro di 70 centimetri.
Abbiamo pochissime informazioni sull’architettura del castello di origini medievali, poi rimaneggiato da Genovesi e Milanesi e infine fortemente danneggiato nel 1625.
Il castello originario era probabilmente una fortificazione rupestre, dove le rocce in posizione sopraelevata e di difficile accesso erano rinforzate da palizzate di legno, che furono poi sostituite da mura in pietra.
Conosciamo però in maniera più dettagliata le condizioni all’inizio del XVII secolo, cioè prima che venisse trasformato in forte. Ad ovest si trovava il Bastione dello Sperone; a sud – cioè in direzione di Gavi – c’era la Torre del Maschio, detta anche Torre del Barbarossa, che esiste tuttora.
Ad est c’era il Bastione di San Marco (poi di Sant’Antonio) e a nord la Rondella; questa si trova all’interno del bastione di San Bernardo ed è storicamente importante, perché potrebbe essere l’unica fortificazione progettata da Pietro da Bregia, l’architetto della Cattedrale di Como, che fu inviato a Gavi da Filippo Maria Visconti nel 1444.