Un solo pianeta, miliardi di storie da raccontare

casa Besozzi, centauro, finestre vetro colorato

Liberty – Torino Capitale

Libertyamo - passeggiate alla scoperta del Liberty a Torino

A cura di ADRIANA OBERTO

Fotografie di Adriana Oberto, CLAUDIO PAPPALARDO, Mariagrazia Castiglione, MASSIMO TABASSO

Italia, TORINO – TO

In parallelo alla mostra Liberty – Torino Capitale, visitabile presso Palazzo Madama a Torino fino al 10 giugno 2024, Teatrum Sabaudiae Torino  ha offerto una serie di tours guidati per far scoprire le caratteristiche dell’arte Liberty a Torino.          
Data l’importante presenza di questo stile, e la spinta che la città ha dato più di 100 anni fa per il suo sviluppo, Torino mira ad entrare nel RANN (Reseau Art Nouveau Network) di Bruxelles ed in seguito proporre la sua candidatura a Città Patrimonio UNESCO per il Liberty.

Palazzina Fenoglio-Lafleur, decorazione floreale, litocemento e ferro battuto
Adriana Oberto Photography

Il Liberty a Torino rappresenta un’importante fase nello sviluppo architettonico e urbanistico della città, inserendosi in un contesto europeo in cui lo stile Art Nouveau, di cui il Liberty è la variante italiana, trovava ampio riscontro. Tra la fine del XIX secolo e i primi decenni del XX secolo, Torino sperimentò un significativo sviluppo industriale e demografico che favorì l’espansione urbana e la nascita di nuove concezioni architettoniche.

Il Liberty è uno stile omnicomprensivo e Torino ne è la dimostrazione; in giro per la città ci sono oltre 500 edifici in stile liberty di ogni tipologia: ospedali, bagni pubblici, scuole, caserme, fabbriche, grandi ville e palazzi, ma anche edifici residenziali più comuni. Infatti l’idea di questo movimento era che questa arte fosse “trasversale” e pertanto popolare e pubblica, e che tutti, di tutti i ceti sociali, potessero goderne.

E Torino è l’unica città al mondo in cui questo avviene ed è per questo che viene considerata la capitale mondiale del Liberty.

Mariagrazia Castiglione, Massimo Tabasso, Adriana Oberto, Claudio Pappalardo Photography

Caratteristiche del Liberty

In termini urbanistici, il Liberty a Torino si manifestò attraverso la realizzazione di quartieri residenziali, edifici pubblici, ville e palazzi, che si distinguevano per eleganza, raffinatezza e l’uso innovativo di materiali e tecnologie costruttive. Lo stile Liberty, con le sue linee fluide, i motivi floreali e l’attenzione al dettaglio e alla decorazione, rifletteva l’ottimismo e la fiducia nel progresso tipici dell’epoca.

L’integrazione tra l’architettura Liberty e il tessuto urbano esistente fu mediata attraverso l’adozione di soluzioni progettuali che rispettavano l’ambiente circostante, pur introducendo innovazioni stilistiche e tecnologiche. L’adozione dello stile Liberty a Torino, inoltre, fu anche espressione di un più ampio processo di rinnovamento della città, che includeva l’apertura di nuovi viali, piazze e parchi, in linea con le esigenze di una società in rapida trasformazione. Esso, quindi, non fu solo uno stile architettonico, ma parte di una visione complessiva che mirava a migliorare la qualità della vita urbana attraverso l’arte e l’architettura.

Lo stile Liberty trova la sua espressione in due correnti con caratteristiche differenti, che possono essere distinte in base alla loro geografia e alle specifiche influenze culturali e artistiche regionali:

La corrente Latina

Include il Liberty italiano, il Modernismo catalano in Spagna e il neo Manuelino in Portogallo. Questa corrente enfatizzava un rinnovamento delle forme tradizionali attraverso l’uso innovativo di materiali e tecniche costruttive, spesso ispirandosi a temi storici e locali. Si prediligevano le linee curve e sinuose che ricordano piante, fiori e organismi marini e sottolineano il legame con la natura; venivano usati colori e textures, spesso con combinazioni vivaci e contrastanti; si utilizzavano ceramiche colorate, vetrate e mosaici, con un’impareggiabile attenzione per il dettaglio decorativo.

casa Bonelli, ringhiera
Massimo Tabasso Photography
casa Florio, Via Cibrario
Adriana Oberto Photography
casa Bonelli, particola del portone, litocemento, vetro colorato, legno, ottone
Claudio Pappalardo Photography
vetri colorati, Bovindo - palazzina Fenoglio-Lafleur
Mariagrazia Castiglione Photography

La corrente Germanica e Austro-Ungarica

spesso associata con il movimento secessionista, in particolare con la Secessione viennese in Austria e il Jugendstil in Germania. Questi movimenti, pur essendo distinti, condividono una base ideologica comune che mira alla riforma artistica e alla creazione di un’arte libera da vincoli accademici, enfatizzando l’innovazione e l’integrazione tra le arti. Essi tendevano a enfatizzare un approccio più astratto e geometrico, spesso ispirato alla simmetria e alle forme organiche. Questa corrente fu influenzata anche dall’interesse per l’arte giapponese, che si riflette nell’uso di motivi floreali stilizzati e nella composizione asimmetrica. Architettura, mobili e oggetti decorativi vengono integrati in un singolo stile coerente.

Entrambe le correnti condividevano l’obiettivo comune di rinnovare l’arte e l’architettura, reagendo contro l’eclettismo e l’industrializzazione che caratterizzavano la fine del XIX secolo. Tuttavia, i diversi contesti culturali e geografici in cui si svilupparono portarono a interpretazioni e espressioni stilistiche distinte. Inoltre, il movimento Liberty contribuisce alla rivalutazione delle tradizioni nazionali, come dimostrano le opere di Gaudí e Montaner, che riflettono l’identità catalana con una rilevanza politica e storica. In Germania, dove lo stile Liberty assume connotazioni meno vistose, la riscoperta di miti e cicli narrativi attraverso la lirica di Wagner e la letteratura esprime un simile interesse per i temi nazionalisti.

Non è raro che esse coesistano nell’architettura degli stabili Liberty torinesi, che possono presentare pertanto un mix di elementi di entrambe le correnti, in cui una può essere più evidente e prevalere sull’altra, a seconda del gusto e della formazione dell’architetto in questione.

È il caso, per esempio, dei progetti degli architetti Gribodo e Bonelli (elementi geometrici tipici della Secessione) e Fenoglio (elementi Floreali tipici del Liberty italiano tradizionale).

IL BOVINDO

Uno degli elementi tipici dell’architettura Liberty – e di sicuro il più conosciuto – è il Bovindo (dall’inglese “Bow window”). Si tratta di una finestra chiusa che si estende all’esterno del palazzo, soprattutto (ma non solo) angolare (permette doppia visione sui lati della strada), che allarga la stanza, fa entrare la luce e, a differenza di un normale balcone, rimane protetto dal freddo. Fa parte delle nuove esigenze costruttive derivate dalle disposizioni che erano state emanate qualche decennio prima per la città di Napoli e a seguito di un’epidemia di colera, ma che furono estese a tutte le città proprio per migliorare le condizioni di vita della popolazione. Vengono quindi richiesti locali più ampi, luminosi e meno umidi che rendessero possibile la prevenzione di un numero di malattie, soprattutto polmonari; lo stile Liberty si adatta perfettamente alle nuove esigenze.

È reso possibile grazie ad un materiale nuovo che può reggere un elemento a sbalzo come questo – il cemento armato

Il bovindo può essere un elemento molto decorato, oppure una parte d’angolo più semplice con caratteristiche geometriche. Quando viene decorato con vetro cattedrale porta luce colorata all’interno. C’è anche un elemento di curiosità, resa possibile dal suo sviluppo verso l’esterno della facciata – una sorta di “voyeurismo” ante litteram.     
Le finestre, così come le pareti esterne delle case, vengono decorate con elementi in litocemento.       

E infatti tre sono gli elementi caratteristici di questo periodo, senza i quali il bovindo non potrebbe esistere, ma che ovviamente non si limitano alla sua costruzione e decorazione, ma si estendono in maniera più o meno importante a tutti gli edifici di questo stile:

Permetteva la costruzione di grandi aree coperte senza il bisogno di punti d’appoggio intermedi, il che rendeva possibile, in questo caso, la presenza di ampi saloni nella casa e di finestre in aggetto. È un materiale nuovo che coniuga l’uso del cemento Portland con il ferro e che rende gli edifici più resistenti ed elastici.         

Non era conosciuto prima, anche se si erano fatti tentativi che prevedevano l’uso del ferro in quello che era il lito (la pietra) armato; ci sono edifici in borgo Crimea che presentano proprio questa caratteristica sperimentata prima da Alessandro Antonelli e poi dal suo allievo Crescentino Caselli: sono strutture tradizionali in mattoni o pietra rafforzati con ferri. Ovviamente non si trattava di cemento armato, che sarà una novità assoluta, introdotto negli anni del Liberty e portato in Italia in ambito piemontese dall’ing. Porcheddu, imprenditore di origine sarde, che assume come plenipotenziario il progetto del francese Hennebique e lo fa proprio. Viene utilizzato prima nelle fabbriche, perché è un materiale che permette di creare grandi spazi liberi da pilastri dove installare macchinari voluminosi, e poi nell’architettura civile, con la creazione di ampi spazi, soffitti più alti e strutture sporgenti.

È un materiale nuovo e straordinario. Si tratta di un conglomerato di cemento e granulometria di pietra, che può essere più o meno grande e di diverso colore (magari con la presenza di pagliuzze micacee, che brillano alla luce del sole); viene prodotto in maniera economica a piè d’opera (cioè direttamente al cantiere); non deve venire né estratto, né scolpito (come la pietra); permette di essere usato come la pietra e di essere creato facilmente nelle forme sinuose di questo periodo; viene versato direttamente nei casseri e lasciato indurire, e siccome il tempo di indurimento è abbastanza lungo, può essere ancora levigata, o parzialmente scolpita, o griffata (per dare l’idea di pietra tagliata). Rappresenta l’idea di riproduzione di tipo industriale, che faceva parte del mondo dell’“art and craft” inglese che voleva un prodotto accessibile a tutti e facilmente riproducibili. Simula qualunque forma – foglie, fuori, animali – tipiche dello stile e risulta molto elegante una volta messa in opera. Poiché è un’innovazione economica, creata con materiali poveri e che non prevede la presenza di uno scultore, diventa un materiale dirompente nell’economia del cantiere.

Una difficoltà di questo materiale è la manutenzione nel tempo, perché non è facilmente integrabile: lo stucco si stacca facilmente e le forme non andrebbero dipinte, perché così facendo si perderebbero tutti quei giochi di luce originali, le sfaccettature, tutto quanto previsto in origine.

L’uso del vetro nell’architettura Liberty può essere visto anche attraverso la lente delle preoccupazioni sanitarie dell’epoca. A seguito delle epidemie di colera del XIX secolo e della crescente consapevolezza riguardo alle questioni di salute pubblica, ci fu un rinnovato interesse verso l’igiene, la ventilazione e l’illuminazione naturale negli spazi abitativi e pubblici. Il Liberty valorizza l’uso del vetro per le sue proprietà di trasmissione della luce e per la capacità di creare ambienti più salubri.

Oltre a favorire l’illuminazione naturale, l’uso innovativo del vetro si accompagnava a soluzioni progettuali che miglioravano la ventilazione naturale degli spazi. Le grandi aperture vetrate, combinazione di finestre e porte-finestre, permettevano un ricambio d’aria più efficace, cruciale per mantenere gli ambienti sani. L’attenzione alla salute pubblica si rifletteva non solo negli edifici residenziali ma anche in quelli pubblici, come ospedali, scuole e mercati. Anche in questi contesti, l’uso del vetro contribuiva a realizzare spazi più luminosi e aerati, in linea con i principi d’igiene dell’epoca.

Un quarto elemento presente negli edifici Liberty è il FERRO.

Parte integrante del cemento armato, viene ampiamente utilizzato da solo come elemento decorativo in balaustre, ringhiere, terminali di grondaia. Può essere lavorato con figure geometriche più semplici, ma non mancano elaborate decorazione ad intrecci, volute, elementi floreali e animali fantastici.

I percorsi guidati organizzati da Teatrum Sabaudiae hanno coinvolto tre quartieri di Torino, diversi tra di loro per il contesto storico in cui si sono sviluppati, ma che hanno in comune edifici in stile Liberty. L’evento, intitolato “Tre passeggiate alla scoperta del Liberty a Torino”, si è sviluppato nel borgo Crimea, attorno alla zona della Cittadella di Torino, nonché nel quartiere di San Donato, dove non mancano molti edifici tipici dello stile, accanto a quella che viene indicata come esempio per eccellenza: il villino Lafleur

Villino Fenoglio-Lafleur

palazzina Fenoglio-Lafleur
Mariagrazia Castiglione Photography
Palazzina Fenoglio-Lafleur
Adriana Oberto Photography
litocemento, "chiocciole", palazzina Fenoglio-Lafleur
Mariagrazia Castiglione Photography
portone - palazzina Fenoglio-Lafleur
Mariagrazia Castiglione Photography
portoncino interno - palazzina Fenoglio-Lafleur
Mariagrazia Castiglione Photography

Nata dalla mente di Pietro Fenoglio tra il 1902 e il 1903, l’edificio era destinato in origine a diventare lo studio personale dell’architetto, che ne fece un manifesto emblematico del movimento Liberty in Italia. Fenoglio visse in questa casa solo per un breve periodo; in seguito l’immobile fu venduto e passò nelle mani dell’industriale francese Lafleur, il cui nome ora accompagna quello della casa. Questa dimora ha guadagnato fama internazionale grazie agli sforzi di Fenoglio di aderire scrupolosamente ai principi del Liberty, di ispirazione sia belga sia francese, rendendo ogni elemento un tributo all’Art Nouveau.

La decorazione dell’edificio si distingue per la sua opulenza e la fedeltà agli stilemi fitomorfi tipici del Liberty, presenti con grande ricorrenza in tutta la struttura, ma particolarmente esaltati nel rosone superiore e nell’innovativo modulo angolare sporgente. Questo elemento, che unisce le due parti dell’edificio, è valorizzato da un bovindo spettacolare con vetrate policrome che sfoggiano decorazioni in ferro battuto di forma sinuosa. Questo motivo ondulato trova una piacevole eco nella linea elegante della copertura in vetro che corona il terrazzo, evocando le forme tipiche delle opere parigine di Hector Guimard (l’autore, per esempio, delle pensiline della metropolitana di Parigi).

L’influenza dell’Art Nouveau francese e belga è palpabile nel lavoro di Fenoglio, che cura personalmente ogni dettaglio, dalla progettazione dei telai delle finestre ai sofisticati bassorilievi in litocemento, passando per il  portone che introduce all’atrio principale, le eleganti cornici delle porte interne, fino al design unico dei radiatori in ghisa.

Un restauro accurato negli anni Novanta del secolo scorso ha permesso di recuperare le decorazioni esterne fortemente deteriorate e di riportare l’edificio al suo antico splendore.

Casa Maffei

casa Maffei
Massimo Tabasso Photography
casa Maffei, donne in facciata
Mariagrazia Castiglione Photography

Casa Maffei, situata in Corso Montevecchio 50, è un’opera che si distingue per le sue ricche decorazioni scultoree e per gli elementi in ferro battuto realizzati da Mazzucotelli. Viene progettata tra il 1904 e il 1906 dall’architetto Vandone di Cortemiglia, lo stesso che aveva lavorato al restauro delle cappelle laterali della Consolata, dove, nonostante lo stile sia chiaramentre e ovviamente neobarocco, si possono ammirare ornamenti floreali in stile Liberty che adornano il cornicione.

Alessandro Mazzucotelli viene da una famiglia di fabbri ferrai della Bergamasca. Si ispira a modelli d’oltralpe per le prime cancellate e ringhiere. È un artista e un creativo e perciò viene preso in cantiere prima a Milano e poi da Fenoglio a Torino e le sue opere diventano un emblema del Liberty. Insegnerà anche ai giovani a lavorare il ferro e per le sue caratteristiche diventerà così importante da arrivare in Parlamento come deputato. 

Le opere in ferro battuto di Casa Maffei meritano un’osservazione attenta, poiché il metallo è plasmato con un’eleganza che lo fa sembrare sorprendentemente malleabile. Motivi floreali con petali e foglie morbide, simili a nastri, così come intricati rami di edera, decorano l’edificio, conferendo un’unicità ai balconi che si trovano sia ai lati sia al centro, quest’ultimo caratterizzato da un distintivo bovindo, pur essendo presente su un solo livello. L’aggetto è ottenuto con pietra vera (non con litocemento e cemento armato). 

Ulteriore elemento di spicco è la decorazione realizzata da Alloatti, la cui firma si può scorgere sotto uno dei putti in alto a destra, che arricchisce la facciata. Queste decorazioni simboleggiano il ciclo della vita attraverso l’uso di allegorie, in un periodo storico in cui il simbolismo era prevalente nelle arti, riflettendo un profondo interesse per la mente umana, in linea con lo sviluppo della psicoanalisi grazie a figure chiave come Freud e Jung, e un’affascinante curiosità per l’occulto e lo spirituale. Questi elementi decorativi, creati specificatamente per l’edificio e poi applicati, contribuiscono alla narrazione visiva complessiva.

Il design del cornicione segue uno stile tradizionale, con una notevole sporgenza che mette in risalto le strutture in legno, mentre le grondaie svolgono un ruolo essenziale, completando l’aspetto esteriore di Casa Maffei.

L’androne, con il suo meraviglioso cancello in ferro, ripete le decorazioni della facciata.

Casa Besozzi

casa Besozzi, balconi e rilievi in facciata
Mariagrazia Castiglione Photography
casa Besozzi, rilievi in facciata
Mariagrazia Castiglione Photography
balconi, rilievi in facciata, litocemento, casa Besozzi
Mariagrazia Castiglione Photography
portone di ingresso, casa Besozzi
Mariagrazia Castiglione Photography

L’edificio progettato da Giuseppe Besozzi al Corso Montevecchio 58 nel 1904 si distingue per la sua facciata maestosa e ricca di elementi inaspettati, come sculture elaborate, decorazioni variegate, utilizzo di litocemento, balconi ornati e dettagli raffinati in ferro battuto. Un elemento notevole è il portale, che nella decorazione della parte superiore ricorda il ferro battuto della scuola femminile di corso Galileo Ferraris. Le rose in ferro battuto che adornano la lunetta di un balcone e la parola “salve” sono solo alcuni degli accenti che aggiungono fascino all’edificio. Un’interessante finestra a mezzaluna e una serie di decorazioni applicate, che si estendono lungo il piano nobile, rappresentano figure simboliche legate al ciclo del tempo e le tre Grazie. Le sculture che arricchiscono la facciata sono opera di Giuseppe Redini; vasi di fiori stilizzati decorano il balcone del primo piano.

La componente artistica è molto importante, con un forte accento sul ciclo della vita umana intrecciato a quello della natura. La figura femminile, in particolare le tre Grazie, ricorre frequentemente, simbolo sia dell’emergente ruolo della donna nella società, sia dell’ideale di armonia ed eleganza attribuito alla natura. Questi temi sono esplorati anche nella pittura e nei manifesti dell’epoca, come quello dell’Esposizione Internazionale del 1902 esposto a Palazzo Madama. La rappresentazione della figura femminile, così centrale in quest’arte, riflette l’inizio di un’evoluzione sociale oltre che la predilezione per l’armonia e l’eleganza naturale, spesso espressa attraverso la danza, come quella rivoluzionaria di Isadora Duncan (nella mostra a Palazzo Madama nelle opere di Bistolfi), che proponeva un ballo libero, in armonia con le leggi naturali. Questa valorizzazione della natura porta all’inclusione di simboli pagani o orientali, come il centauro, sottolineando l’importanza di un ritorno alle radici naturali e spirituali.

Casa Bonelli-Giraudi

Casa Bonelli, portone
Claudio Pappalardo Photography
casa Bonelli, Androne
Massimo Tabasso Photography
finestra tonda, litocemento, casa Bonelli
Massimo Tabasso Photography

La Casa di via Papacino 8, e realizzata da Bonelli nel 1906, riflette l’influenza della Secessione viennese, movimento artistico e architettonico che segnò una profonda rottura con gli stili tradizionali e che fu fortemente influenzato dalle opere di Otto Wagner, che Bonelli aveva avuto modo di studiare durante un soggiorno a Vienna. Parte del cornicione è sopraelevato di un piano, ma si tratta di una modifica successiva realizzata nel secondo dopoguerra.

Incontriamo però una nipote dell’architetto Bonelli, grazie alla quale ci è possibile fotografare l’androne e la scala. 

Il portone con inserti in ottone e caratterizzato dal particolare uso dell’arco, non completamente definito, aggiunge un senso di novità e sperimentazione che riflette lo spirito innovativo della Secessione.

Le porte-finestre della casa sono incorniciate da un’ampia cornice circolare, riccamente ornata, che sottolinea l’attenzione dell’architetto per i dettagli decorativi e per l’uso ornamentale delle forme geometriche, sempre tipiche delle corrente.

La pavimentazione dell’androne in massello di legno, tipica degli atrii di inizio ‘900 (nonchè della pavimentazione di via Roma nuova, rimossa poi per problemi d marcescenza), aggiunge calore e ricercatezza agli spazi comuni. All’interno, la coerenza stilistica è mantenuta attraverso l’uso di ferro e vetro nelle decorazioni e nelle chiambrane di legno della portineria, mentre la ringhiera delle scale e le imposte a scorrimento del tamburo riflettono le tendenze costruttive dell’epoca.

Le finestre e le porte presentano un arco in stile secessionista, che si distacca dall’uso tradizionale dell’arco impostato su linee rettilinee, optando invece per una continuazione di tipo moresco. Questa scelta rappresenta un chiaro desiderio di “rotturacon il passato e l’esplorazione di forme e strutture nuove.

La facciata in laterizio incorpora beccatelli che alludono allo stile neomedievale, dimostrando un interessante dialogo tra diversi linguaggi architettonici. 

Elementi di notevole fascino, come la rimessa con portone in stile Liberty (al n. 19 di via Revel), la decorazione che copre le parti di servizio interne, e la figura femminile in litocemento su una delle pareti laterali, arricchiscono ulteriormente l’edificio, dimostrando un approccio olistico al design che integra architettura e arte decorativa.

caffetteria Mulassano, Torino
Adriana Oberto Photography

Per approfondimenti, e fino a giugno 2024, potete seguire questo link.

Trovate la descrizione della mostra a Palazzo Madama nella Prima e Seconda Parte di questo blog.

Desideriamo ringraziare Theatrum Sabaudiae, nelle persone della dott.ssa Cristina Stecca, storica dell’arte, e dell’arch. Massimo Borghesi, per le piacevoli visite guidate.

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